DATAZIONI
800-750.000 anni fa, seconda metà dell'era quaternaria, prima fase glaciale documentabile.
Età in cui risalgono i depositi glaciali della Bessa, settore più antico di tutto l'anfiteatro morenico d'Ivrea che si estende immediatamente a Nord-Est della Serra.
25-18.000 anni fa, nel corso dell'ultima glaciazione,
il placer aurifero di Mazzè era in fase di formazione ed era attraversato dalla Dora Baltea.
L'alveo successivamente si è approfondito ed attualmentre si trova 30-35 m. più in basso del terrazzamento sede del placer.
III – I sec. a C. Periodo della coltivazione dei lavaggi auriferi da parte prima dei Salassi e poi dei Romani e forse episodicamente in precedenza, nel corso del Bronzo finale, dagli autoctoni Liguri.
II e I secolo a.C. (Roma repubblicana) Sfruttamento della coltivazione della Bessa.
143 a C. Sfortunata campagna militare del console romano Appio Claudio Pulcro, sconfitto dai Salassi nei dintorni di Verolengo. La campagna fu preceduta da liti storiche avvenute tra i Salassi ed i Libui o Libici di Vercelli, citate da Strabone. Ripresa la guerra nel 140 a C., dopo un cruento rito propiziatorio, i nostri progenitori furono però a loro volta sconfitti dai romani, capitanati dallo stesso console voglioso di rivincite.
140 a.C. Per quanto riguarda la Bessa e forse anche l'aurifodina di Casale di Mazzè Il 140 a.C. è il termine post quem di quando i pubblicani romani poterono avere in appalto le miniere d'oro. Questa era di proprietà dello Stato ed un Procurator metallorum era posto a capo dell'amministrazione. Il testo di Strabone conferma anche che il metallo era già estratto dai Salassi (gli Ictimuli citati da Plinio erano probabilmente Salassi che avevano come centro di riferimento il villaggio omonimo), evidentemente su scala non semplicemente artigianale.
I secolo a.C. Il periodo di sfruttamento della Bessa è stato uno dei più turbolenti nella storia della Repubblica. Avvennero tra l'altro l'invasione dei Cimbri sconfitti da Mario nei pressi di Vercelli nel 101 a.C., la fondazione di Ivrea, nel 100 a.C. e le lotte tra lo stesso Mario e Silla. E' probabile che l'oro della Bessa e del giacimento di Casale di Mazzè sia servito a finanziare i vari contendenti sino alla presa del potere da parte di Cesare, scampato alle liste di proscrizione emesse da Silla. Non è nota la durata del periodo di sfruttamento (probabilmente un centinaio di anni) sappiamo però che all'epoca in cui scriveva Strabone (contemporaneo di Cristo) le miniere erano già state abbandonate (o esaurite) e l'oro di Roma proveniva ormai in massima parte dall'Iberia e dalla Gallia.
II sec. D.C. Periodo documentato della navigabilità sulla Dora Baltea, testimoniata dalla banchina fluviale venuta alla luce ad Ivrea ed anche da un probabile attracco per natanti transitanti sul fiume, venuto alla luce alcuni anni fa, in regione Rèsia a Mazzè.
IV sec. D.C. Periodo della costruzione della strada militare Quadrata - Eporedia, avvenuta probabilmente inglobando tronchi di strade locali gia esistenti. (Sito archeologico della Rèsia a Mazzè).
VII – VIII sec. D.C. Sito Archeologico della Rèsia a Mazzè. Insediamento militare barbarico con interruzione della strada e fortificazione del sito con la costruzione di muri di sbarramento.
ANNO 1786 RELAZIONE DEL CAVALIER SPIRITO NICOLIS DI ROBILANT SULL'ORO ALLUVIONALE IN PIEMONTE ….. Dirimpetto al luogo di Massè le ripe che costeggiano la Dora Baltea sono altissime….. Ivi si può congetturare dell' immensa molle di ciottoli sparsa su quelle campagne inferiori, che de ciottoli di rifiuto per lo più di natura granitica, e di quarzo….. ove si scorgono li veri indizi dell'esistenza dell'oro….. SPIRITO NICOLIS DI ROBILANT Torino: 20 ottobre 1722 -1° maggio 1801 Mineralogista, primo ingegnere di sua maestà, luogotenente generale di fanteria, capo del Corpo del Genio nell'esercito piemontese. In servizio nel Corpo Reale di Artiglieria dal 1742 e ispettore delle miniere fino al 1770, Nicolis di Robilant fu in seguito comandante del Corpo del Genio.
1900
- Don Solero (Tonengo di Mazzè 30-11-1911, Ospedale Militare di Torino
19-11-1973)
DON SOLERO E LE MINIERE D’ORO
Anticamente le sabbie della Dora erano assai ricche di depositi d’oro
e d’argento (pagliette, granelli informi) che le acque, in cui si sciolsero
i ghiacciai del Monte Bianco, vi portarono staccandoli dalle miniere del Monte
Bianco e degli altri colossi alpini. Infatti Polibio scrisse di miniere d’oro
nel paese dei Taurini, specie presso i Salassi: E’ naturale quindi (già
fin d’allora doveva essere grande la potenza dell’oro!) che lavoratori
industriosi accorressero a cercare ed a estrarre il prezioso metallo dalle
sabbie aurifere della Dora. Questi lavoratori detti Ittimoli si stanziarono
con tutta probabilità in questa regione: questi Ittimoli non erano
un popolo od una tribù speciale
venuta nella valle Padana cogli Iberi o con i Galli, ma erano gente del paese,
terrieri, così chiamati dal loro mestiere che professavano , di lavorare
le miniere e ricavarvi l’oro. Ancora presentemente chi da Tonengo si
rechi in quell’estesa, squallida e deserta regione che chiamasi Bose
e che trovasi a levante della strada che tende a Rondissone, oltre a sentirne
tutta la tristezza dell’abbandono e della solitudine, resta quasi colpito
e impressionato dallo spettacolo che gli si offre allo sguardo: immensi cumuli
di grossi ciottoli, quasi alla rinfusa, la allineati e in qualche luogo disposti
con un certo ordine – Che stanno a fare quei sassi? Come se ne spiega
l’esistenza? Quei sassi ci parlano di tutto un passato, di tutta una
meravigliosa e febbrile attività svoltasi in quella regione per la
ricerca dell’oro. Questa opinione è confermata dal Casalis, che
nel suo dizionario Geografico, a proposito del tenimento che è chiamato
Bose, da per certo che questo territorio sia stato intieramente smosso al
tempo in cui i Romani mandarono i loro schiavi ad estrarre l’oro dal
Vercellese, e lungo il fiume Dora.
“ Il fatto è – scrive sempre il Casalis nel 1840 –
che proseguesi tuttora a cogliere una certa quantità d’oro su
certe falde, lunghesso il fiume, in questo territorio, lacché forma
una delle rendite della famiglia dei conti Valperga, signori di Mazzè”.
Gli Ittimoli adunque e i Celti Salassi Inferiori furono i primi abitatori
della nostra regione – Questi ultimi però assaliti la prima volta
dai Romani nell’anno 610 di Roma, e una seconda volta nel 718, furono
debellati nonostante la loro natura di popolo guerriero forte e indomabile,
sotto l’impero di Augusto, e 36 mila di loro risparmiati alla strage
furono immolati alla schiavitù e venduti all’asta pubblica. I
Salassi derivavano dai Celti Galli che vennero a stabilirsi in Italia 14 secoli
avanti l’ era volgare. Signori della valle del Po estesero questi Celti
Galli i loro domini sino al Tevere alla Var, al Trento. – Belloveso
condusse altri Galli in Italia nel II secolo di Roma e pel il Monginevro venuto
nelle terre dei Taurini occupò i paesi ora conosciuti sotto il nome
di Piemonte e Lombardia, mescolandosi con gli altri Galli nelle nostre regioni
già esistenti.
COMMENTO:
Per quanto concerne i lavaggi auriferi, si consiglia di consultare la nota “ Considerazioni sugli antichi lavaggi auriferi di Mazzè–Villareggia “. Leggendo, si constaterà che quasi tutte le deduzioni sulle
antiche miniere d’oro fatte a suo tempo da don Solero, hanno avuto conferma,
tanto da poter considerare la sua opera come una prova ulteriore della loro
esistenza. Anche l’affermazione del sacerdote a proposito degli Ittimoli,
non ritenendoli una tribù ma una categoria di lavoratori, deve ritenersi
almeno in parte corretta, si tenga però presente che l’argomento
è ancora oggetto di discussione nella comunità scientifica.
Come già spiegato, non è invece accettabile quanto don Solero
afferma che gli Ittimoli furono i primi abitatori delle nostre terre. E’
possibile che l’asserzione del sacerdote fosse rivolta ai fondatori
del villaggio di San Pietro, nato in epoca Salassa, da gente di quest’etnia
occupata ad estrarre oro nelle vicine miniere.
E’ corretta, anche se lacunosa, l’affermazione che i Salassi furono
assaliti dai romani nell’anno 610 di Roma. In effetti, nel 143 a C.
le legioni del console romano Appio Claudio Pulcro, intervenuto in qualità
d’arbitro interessato in una controversia sull’utilizzo delle
acque della Dora, sorta tra Salassi ed i Libui, altra popolazione di origine
Celta abitante il vercellese ed il basso Canavese, furono sconfitte secondo
la tradizione nei dintorni di Verolengo. Lo stesso console ritentò
l’impresa tre anni dopo, riuscendo a sconfiggere il nemico presso Mazzè
ed a penetrare in territorio Salasso sino ad Ivrea, avendo così libera
la strada verso i valichi alpini. Quanto avvenne nell’anno 718 di Roma,
non interessò i Salassi di pianura gia completamente romanizzati, tanto
da parteggiare per Augusto nella guerra contro Marco Antonio, ma i Salassi
della valle d’Aosta, che furono sconfitti e deportati nel 25 a C. da
Varrone Murena su ordine dell’Imperatore. A titolo di curiosità
riferisco che lo stesso Varrone Murena, fu giustiziato due anni dopo aver
sconfitto i Salassi, per aver complottato contro Augusto.
DISTANZE E PROFILO ALTIMETRICO ITINERARIO L'ORO DEL GHIACCIAIO